Adozione e diritto di visita
La presente area di attività riguarda una vicenda molto complessa ma particolarmente diffusa almeno in alcuni tribunali per i Minorenni (tra cui Roma): la c.d. adozione a rischio giudiziario.
Negli ultimi anni, alcuni tribunali per i minorenni hanno proceduto a moltissime dichiarazioni di adottabilità di bambini appartenenti alla comunità Rom o figli di donne straniere sole (a volte vittime di tratta, molto spesso nigeriane o comunque subsahariane).
Non vengono contestati maltrattamenti o violenze ma solo una incapacità della madre (o dei genitori) di interagire in modo proficuo con la società italiana e quindi di non essere in grado -in tempi relativamente brevi (un paio di anni)- di rendersi autonome (trovare un alloggio e reddito sufficiente). Si procede quindi alla dichiarazione di abbandono del minore e immediatamente dopo la decisione di primo grado, anche in caso di appello contro la decisione, si fa divieto alla madre (o ai genitori) di incontrare il bambino che viene affidato ai potenziali genitori adottivi (adozione a rischio giudiziario). In pratica vengono anticipati alla fine del primo grado gli effetti dell'adozione legittimante. Questa scelta, tra l'altro, viene incontro alla necessità di recidere i legami del bambino con la famiglia di origine il prima possibile, anche per evitare che nel corso del giudizio (che si può protrarre anche per alcuni anni come nel caso esaminato) il bambino diventi troppo grande e quindi capace di mantenere autonomamente i contatti con la madre (ossia verso i 10/12 anni).Il tribunale per i minorenni ritiene fondamentale poter dare seguito alla adozione legittimante che si base sulla assoluta segretezza dell'identità dei genitori adottivi e della nuova identità acquisita dal bambino.
La CEDU dichiara illegittima questa pratica, ossia l'interruzione anticipata del legame con la famiglia di origine, salvo che ci siano ragioni specifiche che possano far ritenere dannosa per il bambino la prosecuzione dei rapporti con la madre (o i genitori) in attesa che lo stato di abbandono divenga definitivo.
Nel caso in esame tra l'altro le bambine erano due e sono state separata sin dal momento della dichiarazione di adottabilità in primo grado, così da perdere il legame non solo con la madre ma anche tra loro.
Questa sentenza fa da pendant con la Cassazione ottenuta nello stesso giudizio che "introduce" in Italia l'obbligo per il Tribunale per i minorenni di verificare -prima di dichiarare lo stato di abbandono- che ci sia la possibilità di procedere con una adozione mite, ossia non legittimante, cioè senza recidere i rapporti con la famiglia di origine che conserva il diritto e il dovere di intrattenere rapporti con il bambino, la cui responsabilità genitoriale passa ai genitori adottivi (che aggiungono il loro cognome a quello originario del bambino, che quindi integra la propria identità ma non la stravolge).
Diritto a mantenere i rapporti con la famiglia di origine anche in caso di adozione
04/2024
La Suprema Corte di Cassazione afferma il principio per cui anche in caso di adozione legittimannte non si deve mantenere la segretezza delle identità dell'adottando, della famiglia adottiva e di quella di origine.
In pratica si smantella l'ultima barriera posta dalla Corte di appello di Roma per una piena attuazione della c.d. adozione mite che era stata posta per preservare la tradizionale attrattiva della adozione legittimante.
In breve, in questo stesso caso, con ordinanza 3626/2020, la Cassazione aveva affermato per la prima volta il principio cardine secondo cui prima di dichiarare l'adottabilità di un minore il Tribunale ha sempre l'obbligo di valutare se è possibile procedere con una adozione c.d. mite, ossia dichiarare l'adottabilità e al contempo il diritto a mantenere i rapporti con la famiglia di origine. Un superamento del tabù della adozione legittimante funzionale a un rapporto esclusivo tra adottato e adottante ,che tagliava definitivamente i rapporti tra il minore e il suo passato.
Tuttavia, la Corte di appello in riassunzione con sentenza 3544/2022 dà esecuzione al principio affermato dalla Cassazione ma in gran parte lo vanifica sancendo l'obbligo di non svelare mai agli stessi protagonisti le loro reciproche identità. Di fatto in questo modo vanificando in gran parte l'innovazione introdotta dalla Cassazione per la realistica impossibilità che si crei un rapporto effettivo tra la famiglia d'origine e quella adottiva (quindi con il minore). La Corte di appello di Roma ha inoltre seguito questo orientamente costantemente facendo di fatto passare il principio che il carattere della segretezza della adozione legittimante dovesse considerarsi insuperato e indiscusso.
La Cassazione appena pubblicata viceversa smonta questo assunto e afferma il principio opposto per cui l'eventuale segretezza può essere disposta solo ed esclusivamente nell'interesse del minore, quidni a fronte di una giustificazione giuridica che affondi le radici in una valutazione specifica del caso.
La Cassazione inoltre ricorda come nel caso trattato la CTU avesse viceversa affermato l'interesse delle minori dichiarate in stato di adottabilità a conoscere l'identità della famiglia di origine.
In conclusione, con questa sentenza la Cassazione rimuove l'ultimo ostacolo che la Corte di Appello di Roma aveva eretto nel tentativo di frenare il superamento di una vecchia e ormai anacronistica concezione della adozione legittimante intesa come esclusiva e inevitabilmente cedevole alle tentazioni di cancellare la storia del minore e rimarcare il sentimento
CEDU sul diritto di visita nei casi di adozione
04/2021
La CEDU ha dichiarato la violazione dell’articolo 8 della convenzione (diritto al rispetto della vita familiare) a causa del mancato diritto di visita delle figlie da parte della madre. Il procedimento di adozione è stato pendente per più di quattro anni durante il quale la mamma non ha potuto vedere le bambine nonostante il consulente d’ufficio avesse raccomandato di mantenere il rapporto.
La procedura non aveva garantito la tutela dei diritti in gioco attraverso una ingerenza nella vita familiare proporzionata.
Adozione mite: protezione dei minori in casi di semi abbandono
02/2021
La Corte Suprema di Cassazione ha sancito che nel nostro ordinamento devono essere ritenuti esistenti modelli di adozione c.d. “mite” compatibili con la non recisione dei legami con il genitore biologico alla luce della giurisprudenza CEDU e nel rispetto del diritto alla vita privata e familiare.
La Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione della Corte di appello affermando che nell’ambito del procedimento di verifica dello stato di abbandono è obbligatorio che l’indagine investa anche l’interesse del minore a mantenere il proprio rapporto col genitore biologico.
"L'Italia che toglie i bambini alle madri straniere": un articolo de Il Domani
05/2021
Arriva la condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo: troppo spesso i tribunali italiani tolgono i figli piccoli a donne migranti, vittime di tratta, perché non sono considerate buone madri. In molti casi si tratta di equivoci dovuti alle differenze culturali. L'adozione internazionale è fallita, i bambini arrivano grandi e traumatizzati. Quindi le famiglie cercano altre vie.
"Donne migranti, spesso nigeriane, vittime di tratta. Mamme single che vengono schiacciate dal sistema: ne ho visti a decine di casi così". Cristina Cecchini è una degli avvocati di A., una ragazza come tante, costretta a prostituirsi sulle nostre strade, che si è vista togliere le figlie, affidate a famiglie italiane...
Il rovescio della migrazione
06/2015
Famiglie Postcoloniali? Aspettative di genitorialità e identità sospese. Nell'ambito della tavola rotonda si è quindi svolto un dibattito tra avvocati, giudici, accademici e psicologi riguardo ai processi giudiziari e non che portano alla separazione e alle decisioni sull'adottabilità di bambini stranieri, soprattutto nei casi di isolamento sociale, di famiglie monoparentali ed in difficoltà economica
Le procedure giudiziarie di interruzione dei legami familiari: criticità e possibili soluzioni
Cresce in Italia il numero dei procedimenti giudiziari in cui vengono adottate misure di allontanamento dei minori dalle famiglie di origine, innescando procedimenti che sempre più spesso si concludono con l'interruzione definitiva dei legami familiari.
Tali misure colpiscono con più frequenza le fasce economicamente più deboli della popolazione e in particolare la comunità Rom e le madri sole cittadine straniere.
In un numero elevato di casi, il meccanismo che conduce all’allontanamento del bambino si innesca non da una rilevata situazione di maltrattamento, quanto piuttosto da una situazione di temporanea difficoltà economica, che in alcuni casi spinge il genitore alla richiesta di un supporto finanziario e in altri viene direttamente offerto dai servizi sociali locali nell’ambito del loro mandato.